IN MEMORIAM

“Un oggetto diventa luogo di memoria quando una collettività lo reinveste del suo affetto e delle sue emozioni”
(Pierre Nora, Lieux de mémoire)

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Il 10 ottobre di cinquant’anni fa moriva nostro padre, l’artista ascolano Aldo Castelli, che appartiene in qualche modo – e riteniamo non indegnamente – alla storia collettiva di una identità territoriale straordinariamente ricca di espressioni artistiche. Nel 1965, a poche settimane dalla morte di nostro padre, fu allestita una bella mostra di alcune sue opere presso la galleria Rosati; l’omaggio alla sua memoria fu impreziosito dalle toccanti testimonianze del pittore Ercolani (Il Messaggero, 31 ottobre 1965) e dell’allora direttore della biblioteca comunale Mimì Vittori. Poi più nulla.

Poiché la tutela e la valorizzazione della memoria condivisa di una comunità richiede la difesa di quelli che Pierre Nora definiva “luoghi di memoria” (un monumento, un oggetto d’arte, un personaggio importante, un cimelio storico, un simbolo, un museo, un archivio, una istituzione, un evento storico…) vorremmo tentare di sottrarre all’oblio l’opera di un artista poliedrico e rigoroso che – pur avendo goduto di una discreta fortuna critica in vita (e non solo a livello locale) – è oggi completamente dimenticato nella sua città. “Un oggetto diventa luogo di memoria quando sfugge all’oblio, per esempio con l’apposizione di una targa commemorativa…” …o con l’inaugurazione di un monumento, o l’intitolazione di un edificio pubblico (opzioni, queste, che richiedono solenni rituali celebrativi e complesse formalità istituzionali e che mal si adatterebbero ad un artista schivo e riservato qual era nostro padre) o più semplicemente con la pubblicazione di una monografia sul personaggio e l’esposizione di opere d’arte offerte in dono alla città.

Purtroppo, nell’immaginario di molti ascolani il nome di Aldo Castelli, artista poliedrico e fecondo, potrebbe oggi essere spiacevolmente associato ad un dipinto sconsideratamente esibito in pompa magna nell’ottobre del 2012 all’interno di una scuola, alla presenza di alcuni notabili locali, con un cerimoniale piuttosto imbarazzante e goffaggini organizzative al limite del ridicolo. I promotori dell’evento offrirono il destro (inconsapevolmente, speriamo) a furiose polemiche e le domande legittime sugli intenti dell’iniziativa (cosa o chi si voleva celebrare, esattamente?) non ebbero risposte sensate e plausibili.

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Il dipinto, eseguito su commissione alla fine degli anni ’30, poi relegato nel dimenticatoio (fondatamente, crediamo) per l’inevitabile damnatio memoriae seguita all’infausto ventennio fascista, fu riesumato con motivazioni confuse e procedure al limite della legalità. L’iniziativa, invero piuttosto strampalata, suscitò unanime scalpore ed ebbe una vastissima e incresciosa risonanza mediatica: come è facile capire, ci sono “luoghi di memoria” difficilmente praticabili in quanto evocano sofferenze non ancora sopite, lutti e dolori collettivi che non si è avuto ancora il tempo di elaborare.

In quell’occasione, benché non fossimo minimamente coinvolti nella organizzazione dell’evento, fummo costretti a fronteggiare accuse infamanti (e infondate) nei confronti di nostro padre e sconcertanti insinuazioni (perlopiù anonime) nei confronti dell’intera famiglia. “Non senza fatica” (*) siamo riusciti ad elaborare la dolorosa esperienza (anche in assenza delle pur debite scuse) e ad archiviare in qualche modo gli intollerabili sgarbi e la maldestra gestione dell’evento (senza ricorrere ad azioni legali come qualcuno suggeriva).

Nel cinquantenario della morte di nostro padre ci chiediamo se la sua opera possa essere oggi considerata così poco apprezzabile e significativa da non meritare neanche uno spazio, per quanto modesto, nella storia artistico-culturale della città.

Nel 2000, in occasione del centenario della sua nascita, il “Corriere Adriatico” ripubblicò alcuni suoi articoli su Ascoli e l’amministrazione si impegnò a pubblicare una monografia, a cura del direttore dei musei civici prof. Papetti, che sarebbe stata finanziata da Comune, Provincia e Fondazione Cassa di Risparmio, con il contributo dell’Istituto d’Arte che realizzò le riproduzioni fotografiche delle opere (conservate tutt’ora nella cassaforte dell’Istituto). Da subito si incontrarono difficoltà e nel 2001 Il Resto del Carlino pubblicò un articolo in cui nostra madre manifestava la sua profonda delusione per la mancata realizzazione di una monografia a cui si era iniziato a lavorare da oltre un anno, con apporti documentari forniti da familiari ed amici per la stesura dei testi e per l’apparato iconico.

Alla fine, grazie alla tenacia di nostra madre, il progetto è stato realizzato, fino alla definizione dell’impianto grafico, ed è pronto per andare in stampa da circa sette anni, ma sembra che non siano mai stati trovati i fondi necessari a coprire le spese di edizione (e ciò mentre, nello stesso arco di tempo, venivano finanziate tante altre iniziative di vario genere, di cui non discutiamo l’importanza, ma forse con un po’ di buona volontà si sarebbe potuto finanziare anche quella pubblicazione, per un importo non certo insostenibile). Tra l’altro ci risulta che il curatore della veste grafica, che ha praticamente concluso il suo lavoro, non sia stato neanche rimborsato per le spese sostenute di tasca propria per la digitalizzazione delle riproduzioni fotografiche.

Tra la fine del 2007 e l’inizio del 2008 nostra madre, già malata, ebbe l’effimera gioia di vedere alcune prove di stampa del testo e delle immagini di copertina della monografia. Sperando in una imminente pubblicazione, mossa da gratitudine, nel febbraio del 2008 donò un autoritratto giovanile di nostro padre (del 1925) alla Pinacoteca comunale; poco prima di morire ricevette una lettera ufficiale dall’allora sindaco Piero Celani che nell’esprimere i suoi ringraziamenti “per il dono fatto alla città” – nonché “il compiacimento espresso anche dal prof. Papetti per la nuova acquisizione” – assicurava che all’ “importante dipinto realizzato da suo marito Aldo Castelli sarà riservata una degna collocazione a fianco delle opere di suo marito già presenti nelle collezioni comunali”. Dopo la morte di nostra madre, nel rispetto delle sue ultime volontà e previ accordi con il prof. Papetti, furono consegnati ad un incaricato del Comune (con regolare verbale di consegna) altri due dipinti ad olio, un “Paesaggio con ulivi” (del 1950) e un autoritratto del 1955, sul cui retro era stato dipinto qualche anno prima il ritratto di una “Bambina col braccio ingessato” (chissà, forse un espediente per risparmiare, utilizzato spesso anche dal maestro Mussini…).

Un bellissimo dipinto a olio (Ritratto di G. Condio, 1944), che era stato donato da nostra madre nel 1993 alla Galleria d’Arte Contemporanea (in sostituzione di una litografia già presente nella collezione comunale) fu esposto per qualche tempo, e poi inspiegabilmente rimosso. 

Qui sotto le foto dei quadri donati alla città dagli eredi Castelli nell’arco di diversi anni, tutti presi in carico con regolari verbali di consegna dal Comune di Ascoli, e di cui solo tre sono riapparsi – dopo quasi vent’anni – per quanto non siano esposti in forma stabile e permanente ma soltanto quando le sale del Museo “Osvaldo Licini” non sono occupate da altri allestimenti di maggiore rilievo e valore. Il Paesaggio con Ulivi non è si più visto in vent’anni, con profonda amarezza dei familiari dell’artista e certamente di molti altri che lo hanno apprezzato in vita e dopo la sua morte.

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Per ormai due decenni non si è riusciti a trovare il tempo per pensare ad una “degna collocazione” dei quadri donati alla città, né a dare alle stampe una monografia già pronta. Qualcuno potrebbe maliziosamente insinuare il sospetto che il mancato rispetto di impegni ufficialmente assunti possa imputarsi a pastoie burocratiche, a inerzia istituzionale, a sciatteria logistica, a insensibilità storica, a colpevole incuria o semplicemente a disinteresse e noncuranza. Oggi, purtroppo, non possiamo che propendere per quest’ultima ipotesi, malgrado i ringraziamenti ufficiali per il “dono alla città” indirizzati nel 2008 a nostra madre morente dall’allora Sindaco P. Celani e il “compiacimento espresso anche dal prof. Papetti per la nuova acquisizione”: purtroppo, i fatti sembrano confermare inequivocabilmente l’idea che questi “doni alla città” non siano poi stati così graditi, e che qualcuno non sappia proprio che farsene…

Se così fosse, all’amministrazione comunale non resterebbe che una opzione, quella di restituire al mittente questi doni (ritenuti forse insignificanti, di scarso pregio e quindi non degni di figurare accanto ad opere di artisti più titolati) evitando l’intollerabile protrarsi di rinvii immotivati e pretestuosi. Ce ne faremo una ragione, e cercheremo altre strade per condividere in qualche modo questo piccolo patrimonio con quegli ascolani che mostrassero interesse per questa singolare figura d’artista.

Per celebrare il cinquantenario della morte di nostro padre, la community Facebook “Ascoli Piceno: la città di travertino” ha riservato ampi spazi a una sorta di “mostra virtuale” dove vennero pubblicate per giorni foto delle sue opere e documenti sulla sua attività. Ringraziamo sentitamente l’animatrice del gruppo FB Piersandra Dragoni, Erminia Tosti Luna che ha inserito un bellissimo articolo sull’attività di ceramista di nostro padre, e tutti quelli che seguono l’evento e che apportano i loro contributi.

Questo sito, che nasce come tributo di affetto dei figli al loro papà (un papà di cui non si può che andar fieri) vuol essere anche un contributo alla messa in opera di un luogo di costruzione della memoria di ALDO CASTELLI, artista ascolano del ’900. 

(*) A proposito di memoria condivisa: a qualcuno questo motto ricorderà forse una delle tante iscrizioni sugli architravi delle porte dei palazzetti ascolani… (cf. in questo sito l’articolo “Saggezza sugli architravi”)

P.S. Dopo quasi quindici anni, il dipinto del paesaggio con ulivi è tornato alla mia famiglia. Ringraziamo di cuore il Sindaco Marco Fioravanti e il Professor Papetti per averci ricongiunti a questa amatissima opera di nostro padre.

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